SEO su WordPress, come farla, consigli, plugin ed esempi

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Di consigli sulla SEO ne troverai a migliaia, ma quello che è importante capire è che se da un lato alcuni principi sono validi a priori dal CMS utilizzato o da come è stato sviluppato il tuo sito, altri aspetti tecnici variano molto in base alla piattaforma.

Insomma, fare SEO su WordPress non è la stessa cosa che ottimizzare un sito statico o una piattaforma personalizzata, anche se alcune cose sono ovviamente comuni a tutti.

Questo perché WordPress è nato come CMS per blog e la sua struttura a contenuti dinamici, basata su articoli, pagine e tassonomie, richiede un approccio specifico.
Se da un lato la piattaforma offre funzionalità SEO-friendly integrate, come permalink personalizzabili e gestione dei meta tag tramite plugin, dall’altro impone vincoli tecnici che possono influenzarne l’ottimizzazione.

Inoltre rende molto facile compiere alcuni errori che possono sprecare notevolmente il crawl budget che hai a disposizione, oltre a creare seri problemi a lungo termine.

L’importanza della definizione dei contesti e micro-contesti

Uno degli aspetti più importanti lato SEO da considerare in ogni attività è la gestione dei contesti.

Un contesto non è altro che uno spazio in cui sono immersi i contenuti attorno ad un argomento o ad una specifica entità. Ad esempio, il macro-contesto principale di questo articolo è la SEO su WordPress, ma al suo interno sono definiti dei micro-contesti sempre più dettagliati, come proprio questo paragrafo per la definizione di “contesto”, oppure quello sulla definizione, il significato e l’uso delle tassonomie, e tanto altro.

Ma questo articolo anch’esso fa parte di un macro-argomento ancora più vasto, ovvero la SEO, che ho definito tramite l’uso del tag “SEO” che aggrega tutti gli articoli che parlano di SEO.

Cosa sono i contesti, in breve

In breve, i contesti non sono altro che aggregazioni di “argomenti” e “sottoargomenti”.
Tutti gli articoli che condividono un determinato “argomento” o parlando di una medesima “entità”, hanno qualcosa in comune e questo crea un contesto.
Una tassonomia è ad esempio un TAG che aggrega più articoli che parlano di uno stesso argomento.

Come si creano contesti e sotto-contesti in WordPress

A differenza di un sito tradizionale, in WordPress i contenuti vengono organizzati automaticamente in categorie, tag e archivi. Se da un lato questo può essere un vantaggio per la SEO se gestito correttamente, da un altro lato può anche portare a contenuti duplicati e dispersione di link juice se non si imposta una strategia chiara.

Ad esempio è molto comune la creazione anche di migliaia di TAG vuoti o pressoché vuoti, che non fanno altro che creare pagine duplicate o fondamentalmente inutili, sprecando crawl budget. Tag che magari hanno un solo articolo al loro interno e che quindi finiscono per competere su Google con quello stesso articolo. Assurdo, vero?

Mettendoci in questa ottica, le tassonomie e le gerarchie degli Headings giocano un ruolo fondamentale. La struttura di un articolo WordPress deve essere ottimizzata per i motori di ricerca, non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche attraverso una corretta gestione dei macro-contesti (le tassonomie) e micro-contesti, ovvero H1, H2, H3.

Approfondiremo questi aspetti nei prossimi paragrafi, spiegando come sfruttarli per migliorare la visibilità in SERP.


Le basi della Keyword Research

La ricerca delle parole chiave è il primo passo per costruire una strategia SEO. Ma attenzione: non basta trovare keyword con un buon volume di ricerca: bisogna anche considerare qual è l’intento di ricerca dell’utente e valutare la struttura del sito e il modo in cui i contenuti vengono distribuiti tramite categorie e tag prima di sviluppare i contenuti.

Per individuare le migliori parole chiave possiamo utilizzare diverse fonti anche gratuite:

  • Google Search Console: analizzare le query per cui il sito già riceve impression e click è un ottimo punto di partenza. Spesso si scoprono keyword con buon potenziale che, con un piccolo miglioramento del contenuto, possono scalare in SERP.
  • Google Keyword Planner (di Google ADV): utile per avere una stima del volume di ricerca e del livello di concorrenza di una keyword. Anche se è pensato per le campagne PPC, fornisce dati preziosi per la SEO organica.
  • Knowledge Graph di Google: studiando le entità collegate a un termine possiamo capire quali argomenti correlati trattare per costruire contenuti più completi.
  • Domande rapide in SERP: le sezioni “Le persone hanno chiesto anche” e “Ricerche correlate” aiutano a individuare topic secondari e intenti di ricerca specifici.
Un esempio di domande rapide in una SERP su Sanremo

A questi strumenti possiamo affiancare piattaforme avanzate di keyword research come:

  • SEOZoom: perfetto per l’analisi di keyword italiane e la creazione di piani editoriali basati sulla concorrenza.
  • SEMrush: ottimo per studiare le keyword dei competitor e trovare opportunità di traffico.
  • Ahrefs: uno dei migliori per l’analisi dei backlink e la ricerca di keyword con bassa concorrenza.

Il segreto per una keyword research efficace è combinare più strumenti e fonti per ottenere una visione completa del mercato e delle opportunità disponibili.

Confronto tra SEOZoom, SEMrush, Ahrefs e altri strumenti di keyword research

L’analisi di parole chiave e strategie SEO può variare molto in base all’approccio e allo strumento utilizzato. Ogni tool ha punti di forza e limiti, quindi vediamo un brevissimo confronto tra i principali software utilizzati per la SEO su WordPress.

StrumentoProControIdeale perPrezzo
SEOZoomOttimizzato per il mercato italiano, analisi delle keyword, per suggerimenti sui piani editoriali e l’analisi dei competitor. Facile da usare.Pochi dati sulle lingue straniere rispetto ad altri tool, inoltre per ogni lingua va creato un progetto separato. Poco utile per la Linkbuilding.Blog e siti italiani che vogliono focalizzarsi sulla keyword research e sull’analisi dei competitor italianiIl più economico tra i tool completi.
SEMrushOttimo per l’analisi dei competitor, keyword research avanzata, SEO tecnica anche su più lingue. Facile da usare.Prezzo elevato per le funzioni avanzate, ma ha un forte storico.
Discreto per la Linkbuilding.
Agenzie SEO e chi vuole monitorare il mercato a livello globalePiù costoso
AhrefsOttimo per analisi dei backlink, keyword research e studi di settore anche su più lingue. Interfaccia più ostica ma tecnica.Più focalizzato sulla link building e sull’analisi complessiva del sito, leggermente meno sulla Keyword Research.Chi ha un approccio molto tecnico e fa linkbuilding, ma è un buon prodotto anche per la Keyword ResearchPiù costoso
UbersuggestEconomico, semplice da usare, discreto per chi iniziaMolto meno preciso rispetto agli altri tool, dati limitatiChi ha un budget ridotto e vuole uno strumento base per iniziare a far praticaEconomico ma incompleto

Quale strumento scegliere?

  • Se lavori con focus sui contenuti e produci principalmente contenuti in italiano, allora SEOZoom è la scelta più strategica.
  • Se vuoi un’analisi più completa del mercato, anche su più lingue, con studi dettagliati sui competitor, SEMrush è più idoneo.
  • Se il tuo obiettivo è avere uno sguardo più tecnico al sito e ai suoi contenuti, fare Keyword Research, migliorare la SEO off-page e costruire un profilo di backlink solido, Ahrefs è sicuramente il prodotto più completo.
  • Se hai un budget ridotto ma vuoi comunque iniziare a fare pratica, Ubersuggest è un buon punto di partenza.

SEO on-page su WordPress: come ottimizzare ogni elemento

Con SEO on-page si intendono comunemente tutte le ottimizzazioni che possiamo fare direttamente sulle pagine del nostro sito per migliorarne il posizionamento.
È una definizione che non mi è mai piaciuta troppo, ma ormai è diventata comune ed usuale e quindi mi ci sono arreso.

Su WordPress, gestire questi aspetti è più semplice grazie alla struttura modulare del CMS e ai plugin dedicati.

1. Struttura degli Headings: come usare H1, H2, H3 in modo strategico

Gli headings gerarchici (H1, H2, H3…) non servono solo a migliorare la leggibilità, ma aiutano Google a comprendere la struttura del contenuto.

Ecco le regole base:

  • H1 → tendenzialmente si tende a tenerne solo uno per ogni pagina e si preferisce svilupparlo in modo tale che contenga la keyword principale. WordPress assegna automaticamente l’H1 al titolo dell’articolo, quindi non bisogna inserirlo manualmente nel testo.
  • H2 → usato per i sottotitoli principali, aiuta a suddividere gli argomenti più importanti trattati nell’articolo ed estende la famiglia di keyword creata dal titolo (H1)
  • H3-H6 → per le sottosezioni, utili per migliorare l’organizzazione del contenuto ed estendere ulteriormente la famiglia di keyword

Ricordati che gli Headings sono gerarchici, quindi dopo un H2 devono seguire degli H3 per i sottoargomenti e non direttamente un H4. Tra un Headings ed un altro, di stesso livello (ad esempio tra un H2 e un altro H2), si viene a creare un contesto. Ovvero, stiamo dicendo che il testo che si frappone tra i due Headings tratta un medesimo argomento.

Un errore comune su WordPress è usare più H1 nella stessa pagina senza che vi sia un motivo valido, oppure la totale assenza di H1 con, ad esempio, titoli in H2, spesso a causa di alcuni temi o builder visuali che generano strutture non ottimizzate.

In altri casi si tende ad usare gli Headings in maniera non gerarchica, ad esempio usando direttamente gli H3 per i titoli interni anziché gli H2.

2. URL SEO-friendly: la struttura giusta per WordPress

Alcuni colleghi non concordano con quanto sto per dire, ritengono che l’ottimizzazione degli URL non sia utile lato SEO. Personalmente non concordo. Ho fatto vari test a tal riguardo ed ho riscontrato un effettivo vantaggio, per quanto minimo.

Inoltre, a mio avviso, la cosa ha senso anche da un punto di vista tecnico dato che una buona strutturazione degli URL definisce più semplicemente le rotte e quindi l’interpretazione degli url da parte del CMS (ma qui entriamo troppo nel tecnico).

In generale queste sono le Best Practice sugli url dal mio punto di vista.

Gli URL devono essere chiari, brevi, leggibili e devono contenere la parola chiave principale. WordPress permette di personalizzarli, quindi è fondamentale:

  • ✅ Usare una struttura semplice
  • ✅ Rimuovere parole inutili come “e”, “di”, “con”
  • ✅ Evitare URL troppo lunghi
  • ✅ Creare url che siano immediatamente leggibili ed interpretabili dall’utente
  • ✅ Definire regole permalink che sostengano il contesto o l’aggiornamento (ad esempio con l’anno di pubblicazione in caso di news)
  • ✅ Inserire l’ID nell’url alla fine del permalink

Cose da evitare:

  • ❌ Non usare le versioni parametriche degli url (p=12345)
  • ❌ Non fare URL troppo lunghi e complessi
  • ❌ Struttura i Permalink in modo univoco, evita che WordPress crei le versioni duplicate (nomeurl-2)
  • ❌ Non inserire date troppo precise nella strutturazione delle regole Permalink, ad esempio evita anno-mese o peggio ancora anno-mese-giorno.
    Quando aggiornerai il pezzo cambierà anche il permalink e questo porterà ad un 301.

Ricordati che la struttura URL, che su WordPress definisci tramite le regole Permalink, te la porterai per tutta la vita del tuo sito e cambiarla può comportare notevoli problemi.
Meglio fare un buon lavoro strategico prima che dover poi sistemare il problema successivamente.

Esempio:

  • www.sito.it/p=12345 (URL parametrico, pessimo per la SEO)
  • www.sito.it/2025/02/17/come-fare-seo-su-wordpress-nel-2025-in-italia-seo-specialist (URL poco leggibile con regola permalink troppo specifica)
  • www.sito.it/seo-wordpress (URL ottimizzato e chiaro)
  • www.sito.it/marketing/seo-wordpress-12058 (URL ottimizzato, con rotta definita e univoco)

3. Meta title e meta description: come ottimizzarli

I meta tag sono fondamentali sia per il posizionamento sia per il CTR (Click-Through Rate) in SERP. WordPress permette di modificarli facilmente con plugin come Yoast SEO o Rank Math.

  • Meta title → deve contenere la keyword principale possibilmente all’inizio del Title e deve rientrare nei 60 caratteri per evitare il taglio in SERP.
  • Meta description → deve essere persuasiva e informativa, con un massimo di 155 caratteri. L’obiettivo è rendere allettante il nostro articolo rispetto a quello dei competitor.
    Non copiare l’inizio dell’articolo.

Esempi:
Meta title: “SEO su WordPress, una guida completa per migliorare il ranking”
Meta description: “Scopri come ottimizzare il tuo sito WordPress per la SEO e aumentare la visibilità su Google con strategie avanzate e plugin utili.”

Meta title: “Migliora il ranking del tuo sito WordPress con i miei consigli sulla SEO per diventare il miglior SEO Specialist”
Meta description: “Fare SEO su WordPress non è la stessa cosa che ottimizzare un sito statico o una piattaforma personalizzata.”

4. Internal linking: come sfruttarlo per la SEO

I link interni aiutano Google a capire le relazioni tra i contenuti e migliorano il tempo di permanenza degli utenti sul sito. Un buon sistema di interlinking può fare la differenza tra una pagina invisibile e una ben posizionata, questo perché anche i segnali interni aiutano Google a capire se una pagina è importante o meno.

Ricordati quindi di:

  • Usare anchor text descrittivi, evitando testi generici come “clicca qui”.
  • Collegare gli articoli correlati in modo naturale, senza esagerare.
  • Evitare link rotti o eccessivi, che possono confondere Google e gli utenti.

5. Inserisci sempre l’ALT tag alle immagini e carica immagini con larghezza superiore ai 1200pixel

Quel benedetto ALT tag se lo scordano sempre tutti oppure lo lasciano abbandonato così, di default. L’ALT tag nasce per gli utenti non vedenti, quindi deve essere una breve descrizione dell’immagine.

E indovina chi altro è un utente non vedente? Google.

Inoltre ricordati che per uscire su Google Discover è obbligatorio inserire immagini che abbiano come misure almeno 1200 pixel di larghezza e 800 pixel di altezza.


Schema.org e dati strutturati, come ottenere i rich snippet su WordPress

Google non si limita a leggere il testo di una pagina, ma utilizza i dati strutturati per comprendere meglio il contenuto e mostrarlo in SERP con elementi avanzati come breadcrumb, FAQ e altro ancora.

Schema.org è il linguaggio standard che permette di fornire queste informazioni ai motori di ricerca. Implementarlo correttamente su WordPress può fare la differenza tra un semplice risultato organico e un rich snippet che attira più click.

Questo perché usando gli schema.org Google capisce immediatamente quali sono le entità presenti nel post e deve sprecare meno risorse computazionali. Se inizia a fidarsi di un sito, perché inserisce sempre schema.org correttamente, allora inizia a basarsi molto sugli schema.org per capire di cosa sta parlando un determinato testo.

Quali tipi di dati strutturati usare su WordPress?

A seconda del contenuto, possiamo implementare diversi tipi di markup Schema.org:

  • Article → per blog e notizie, aiuta Google a capire la struttura dell’articolo e il topic principale
  • NewsArticle → specifico per portali di notizie, specifica qual è l’argomento della notizia, qual è il contesto della notizia e le informazioni a supporto
  • BreadcrumbList → migliora la navigazione e mostra il percorso delle pagine in SERP.
  • FAQPage → per tentare di mostrare domande e risposte direttamente nei risultati di ricerca.
  • Review e AggregateRating → essenziale per e-commerce e per le recensioni di prodotti.
  • Organization e LocalBusiness → utile per aziende locali che vogliono migliorare la SEO locale.
  • Product e Offer → fondamentale per i siti e-commerce che vogliono far apparire prezzi e disponibilità in SERP.
  • Recipe → obbligatorio per i siti di ricette, senza questo schema.org Google praticamente ti taglia fuori.

Come implementare i dati strutturati su WordPress?

Abbiamo tre modi principali per aggiungere i dati strutturati a un sito WordPress:

1. Usare un plugin SEO (metodo semplice)

I principali plugin SEO includono già un sistema per gestire Schema.org in modo automatico:

  • Yoast SEO e Rank Math permettono di aggiungere dati strutturati di base senza bisogno di codice.
  • Schema Pro è un plugin dedicato che consente di personalizzare ogni tipo di markup senza scrivere JSON-LD manualmente.

2. Aggiungere codice JSON-LD manualmente (metodo avanzato)

Per un controllo totale, possiamo inserire i dati strutturati direttamente nel codice della pagina. Ecco un esempio per un articolo di blog:

{
  "@context": "https://schema.org",
  "@type": "Article",
  "headline": "SEO su WordPress: guida completa",
  "author": {
    "@type": "Person",
    "name": "Matteo"
  },
  "publisher": {
    "@type": "Organization",
    "name": "matteomorreale.it",
    "logo": {
      "@type": "ImageObject",
      "url": "https://matteomorreale.it/wp-content/uploads/2024/10/m_morreale_white_v4.svg"
    }
  },
  "datePublished": "2025-02-17",
  "dateModified": "2025-02-17"
}

Questo codice può essere inserito anche attraverso un plugin come WPCode per aggiungere script personalizzati o con un plugin su misura.

Io personalmente mi affido ad un plugin WordPress sviluppato da me.

3. Utilizzare il Google Tag Manager (metodo per grandi siti)

Se gestiamo un sito con molte pagine dinamiche, possiamo usare Google Tag Manager per implementare i dati strutturati senza modificare direttamente il codice di WordPress.

Come testare se i dati strutturati funzionano?

Dopo aver implementato Schema.org, è fondamentale verificare che tutto sia corretto. Google mette a disposizione due strumenti:


I migliori plugin SEO per WordPress: pro, contro e confronto

WordPress offre numerosi plugin SEO, ma non tutti sono uguali. Alcuni sono più completi, altri più leggeri, alcuni sono ideali per principianti, altri per utenti avanzati.

Vediamo i migliori, con un confronto dettagliato.

1. Yoast SEO

Pro:

  • Interfaccia intuitiva, perfetta per chi inizia.
  • Analisi del contenuto con suggerimenti per migliorare la SEO on-page.
  • Gestione avanzata di meta tag, breadcrumb e dati strutturati di base.
  • Sitemap automatica ben strutturata.
  • Community storica con molto supporto agli sviluppatori.

Contro:

  • Mai aggiornare immediatamente i major update (14.0, 15.0, etc.), spesso hanno dei bug che vengono risolti dopo pochi giorni con un minor update (14.1, 15.1, etc.)
  • Interfaccia ormai un po’ obsoleta
  • Spinge un po’ troppo sul Premium

💰 Premium vale la pena?
Solo se hai bisogno di redirect automatici e suggerimenti avanzati per le keyword, di fatto gran parte degli strumenti Premium sono superflui per un SEO esperto.


2. Rank Math

Pro:

  • Più funzioni gratuite rispetto a Yoast (dati strutturati, redirect, monitoraggio 404).
  • Ottima gestione delle keyword multiple per pagina.
  • Ha una buona base di utenza e molta documentazione per gli sviluppatori legacy da Yoast.

Contro:

  • Richiede una configurazione più avanzata rispetto a Yoast.
  • Interfaccia meno intuitiva per i principianti.
  • A volte ha sofferto di bug che hanno creato molti problemi.

💰 Premium vale la pena?
Solo se ti serve il monitoraggio avanzato delle keyword e funzionalità extra per e-commerce.


3. SEOPress

Pro:

  • Leggero e senza pubblicità invasive.
  • Supporta dati strutturati avanzati.
  • Perfetto per chi vuole un’alternativa a Yoast senza fronzoli.

Contro:

  • Non ha un’analisi SEO visiva come Yoast o Rank Math.
  • Meno documentazione e community rispetto ai concorrenti.

💰 Premium vale la pena?
Sì, se hai bisogno di funzionalità avanzate per schema markup e local SEO.


4. All in One SEO Pack

Pro:

  • Buona alternativa a Yoast, con meno impatto sulle performance.
  • Ottima gestione della SEO per WooCommerce.
  • Supporto avanzato per sitemap XML e dati strutturati.

Contro:

  • Interfaccia meno user-friendly.
  • Molte funzioni richiedono la versione premium.
  • Alcune versioni in passato hanno avuto bug anche molto gravi.

💰 Premium vale la pena?
Sì, per chi ha un e-commerce e vuole gestire tutto da un’unica dashboard.

Tabella comparativa dei plugin SEO

PluginProControPremium necessario?
Yoast SEOFacile da usare, ottimizzazione on-page guidataAlcune funzioni bloccateSolo per redirect e keyword avanzate
Rank MathPiù funzioni gratuite, leggero e potentePiù complesso da configurareSolo per tracking keyword avanzato
SEOPressMinimalista e senza pubblicitàMeno supporto rispetto a YoastUtile per dati strutturati avanzati
All in One SEO PackOttimo per WooCommerceUI meno intuitivaSì, per e-commerce

Meglio un plugin SEO gratuito o la versione premium?

Se gestisci un blog o un piccolo sito, le versioni gratuite di Yoast SEO o Rank Math sono più che sufficienti. Se invece hai un sito di News o un e-commerce, la versione premium può essere utile se non vuoi perdere troppo tempo.


SEO off-page: quanto è importante?

Mentre la SEO on-page riguarda l’ottimizzazione interna del sito, la SEO off-page si concentra su tutti i segnali esterni che influenzano il posizionamento, come backlink, citazioni e social signal.

1. Il ruolo dei backlink nella SEO su WordPress

Google utilizza i backlink come uno dei principali fattori di ranking da sempre. Un sito con molti link autorevoli verrà percepito come più rilevante e salirà in SERP. E questo è un dato di fatto che, ad un certo punto della storia della SEO, è stato messo in dubbio da alcuni “esperti”.

Inutile dire che avevano torto e che il contenuto in sé non si posiziona senza segnali. Ormai hanno cambiato idea anche loro.

Tuttavia, non tutti i link sono utili:

Backlink di qualità

  • Provenienti da siti autorevoli e pertinenti.
  • Con anchor text naturali e variati.
  • Link contestualizzati all’interno di articoli verticali e non su pagine sospette o generaliste.

Backlink ininfluenti

  • Link da siti spam o di bassa qualità.
  • Strategie di link building artificiali (PBN, directory di bassa lega).
  • Link acquistati senza criterio, magari sottocosto in pacchetti da centinaia.
  • Link su articoli generalistici o senza un minimo di contesto coerente con la pagina di atterraggio.
  • Anchor text forzatissime su keyword specifiche inserite senza alcuna naturalezza.

2. Strategie di link building

Per ottenere link naturali e di valore possiamo sfruttare diverse strategie, ecco molto brevemente alcuni esempi:

  • Guest posting → pubblicare articoli su blog di settore con un link al proprio sito. Solitamente sono a pagamento.
  • Digital PR → collaborare con testate giornalistiche o siti autorevoli per ottenere menzioni.
  • Link earning → creare contenuti di alto valore che attirino link spontanei (guide approfondite, case study, tool gratuiti, infografiche).
  • Broken link building → trovare link rotti su altri siti e proporre il proprio contenuto come sostituto.

3. Il ruolo dei social media e delle citazioni

Anche se i social non trasmettono direttamente link juice, possono aumentare la visibilità del sito e generare traffico organico soprattutto su Google Discover. Allo stesso modo, le citazioni del brand o di un autore (senza link) possono rafforzare l’autorevolezza di un sito agli occhi di Google.


Performance e velocità su WordPress, cosa fare e cosa evitare

La velocità di WordPress è un fattore chiave per la SEO, l’usabilità e la conversione. Un sito lento non solo perde posizioni in SERP, ma spinge gli utenti ad abbandonarlo.

Migliorare le performance su WordPress non è solo questione di “installare un plugin di cache”, ma richiede un’ottimizzazione strategica di codice, immagini, hosting e database. Ecco cosa fare e cosa evitare per avere un sito veloce e performante.

1. Hosting: il primo vero problema di WordPress

Un hosting lento vanifica qualsiasi altra ottimizzazione. I classici hosting economici condivisi spesso hanno alte latenze e tempi di risposta elevati (TTFB), rallentando tutto il sito.

Cosa fare:

  • Scegliere un hosting gestito → Soluzioni con Server Managed garantiscono migliori performance rispetto agli hosting condivisi.
  • Preferire server con LiteSpeed o Nginx → Offrono prestazioni migliori rispetto ad Apache.
  • Attivare un sistema di caching lato server → Hosting di miglior qualità spesso includono caching avanzato senza bisogno di plugin aggiuntivi, tramite Varnish e MemCache

Cosa evitare:

  • Hosting con RAM e CPU condivise tra troppi siti, che portano rallentamenti costanti.
  • Server senza dischi SSD/NVMe, molto più lenti rispetto alle tecnologie moderne.
  • Affidarsi a hosting con TTFB superiore a 600ms, che rallentano ogni richiesta al database.

2. Temi e plugin: il peso nascosto che rallenta WordPress

Molti utenti scelgono temi WordPress esteticamente belli ma pesanti, pieni di JS, CSS non necessari e font caricati da fonti esterne. Questo impatta negativamente sulle performance.

Cosa fare:

  • Scegliere temi leggeri e ottimizzati → scegli template a basso TimeToFirstByte ottimi per velocità e SEO.
  • Usare solo i plugin necessari → Ogni plugin carica codice aggiuntivo e aumenta i tempi di risposta.
  • Disattivare e rimuovere plugin non utilizzati, anche se disattivi occupano spazio e risorse nel database.

Cosa evitare:

  • Temi con page builder pesanti (Divi, WPBakery, Elementor senza ottimizzazione).
  • Plugin che caricano troppe richieste esterne (Google Fonts, FontAwesome, script di tracking).
  • Usare più plugin di cache insieme → WP Rocket, W3 Total Cache e LiteSpeed Cache sono validi, ma uno solo alla volta!

3. Ottimizzazione delle immagini e gestione delle risorse statiche

Le immagini sono spesso la principale causa di LCP alto e caricamenti lenti. WordPress supporta il lazy loading, ma spesso non basta. Anzi a volte causa più problemi che soluzioni.

Cosa fare:

  • Usare formati moderni → Convertire le immagini in WebP o AVIF per ridurre il peso fino al 70%.
  • Ridurre le dimensioni prima del caricamento → Taglia le immagini a misura, non caricare immagini di 4000pixel. Nessuno è interessato all’immagine che hai inserito nell’artcolo fino a questo punto.
  • Attivare il lazy loading → WordPress lo fa di default (bene o male), ma WP Rocket e LiteSpeed Cache lo gestiscono meglio. Ma attenzione: se l’immagine è troppo grande il lazy diventa un’arma a doppio taglio, dato che comparirà in un secondo momento con vari side effect.
  • Fai il preloading → Attiva il preloading delle risorse più importanti, come l’immagine principale, in questo modo il loro caricamento inizierà prima ancora che la pagina venga mostrata a schermo.

Cosa evitare:

  • Caricare immagini enormi senza ridimensionarle.
  • Usare GIF pesanti → Meglio i video MP4 o WebP animati.
  • Avere troppe richieste di risorse esterne (CDN non ottimizzate, widget social, embed non compressi).

4. Ottimizzazione del codice e riduzione delle richieste HTTP

Un altro elemento chiave della velocità è la gestione del codice: meno file e meno richieste HTTP significano un sito più rapido.

Cosa fare:

  • Minificare CSS, JS e HTML → Puoi farlo con plugin come Autoptimize o WP Rocket, ma attenzione che può “rompere” gli stili e il funzionamento dei Javascript
  • Prima le cose importanti → Carica prima il CSS della struttura del sito, magari inline
  • Di nuovo, fai il preloading → Carica prima gli elementi visibili all’utente come immagine principale, font e risorse critiche

Cosa evitare:

  • Troppe chiamate a script esterni → Se non necessari, blocca le risorse superflue come Google Fonts, FontAwesome e gli script di tracking non indispensabili. O almeno rendili asincroni.
  • JavaScript bloccanti → Differire il caricamento di script non essenziali.
  • Usare CDN solo se necessario → Se il pubblico è locale, una CDN può essere superflua e persino rallentare.

5. Database pulito e richieste MySQL ottimizzate

WordPress memorizza revisioni, transienti e dati inutili che nel tempo appesantiscono il database.

Cosa fare:

  • Pulire il database con WP-Optimize o Advanced Database Cleaner.
  • Limitare le revisioni post → Ad esempio, impostare un massimo di 5 revisioni per articolo.
  • Ottimizzare le query del database → Plugin come Query Monitor aiutano a individuare richieste lente. Tecnicamente si chiamano Slow Query e possono influenzare notevolmente i tempi di risposta di un sito.
  • Evitare l’invalidamento della cache → Per motivi a me sconosciuti è la cosa più sottovalutata di tutte, ho incontrato casi di siti che rispondevano in 30 o 40 secondi per un invalidamento della cache. Risolto quel problema si è andati sotto il secondo. La cache viene invalidata quando una risorsa viene chiamata con una POST request o quando la pagina cambia, magari con un contatore delle visite.

Cosa evitare:

  • Avere migliaia di revisioni archiviate, che appesantiscono il database.
  • Installare troppi plugin che fanno richieste continue al database (plugin di statistiche avanzate, widget non ottimizzati).
  • Non controllare le richieste MySQL inefficienti → Se il sito è lento nonostante tutto, potrebbe essere colpa di query mal ottimizzate.

Come scegliere il miglior template WordPress per la SEO

Il tema WordPress influisce direttamente sulla velocità, sull’usabilità e sulla capacità del sito di essere correttamente indicizzato dai motori di ricerca.
Molti utenti scelgono il template in base all’estetica, ignorando aspetti fondamentali per la SEO, come il TTFB (Time to First Byte), il numero di richieste HTTP e l’ottimizzazione del codice.

Perché il template influenza la SEO?

Un tema mal codificato può compromettere la SEO in diversi modi:

  • Tempi di caricamento più lenti, che penalizzano le metriche Core Web Vitals.
  • HTML disorganizzato e non semantico, che rende più difficile per Google interpretare il contenuto.
  • Uso eccessivo di JavaScript e CSS, che aumenta il numero di richieste HTTP.
  • Risorse anche testuali caricate in maniera asincrona con tempi ampi

Le caratteristiche di un tema SEO-friendly

Cosa deve avere un buon tema per la SEO:

  • Basso TTFB → Un buon tema deve rispondere rapidamente alle richieste del server.
  • Ottimizzazione del codice → CSS e JavaScript minificati e caricati solo dove servono.
  • Struttura HTML semantica → Uso corretto di Header, Footer, Body, H1, H2, H3, dati strutturati Schema.org, etc.
  • Compatibilità con plugin SEO e di cache → Deve funzionare bene con i plugin SEO e con i sistemi di Cache.
  • Mobile-first e responsive → Google premia i siti che offrono una navigazione perfetta da smartphone, quindi un buon template dovrebbe essere sviluppato prima da mobile e poi per il desktop.
  • Nessun page builder obbligatorio → Molti temi richiedono Elementor o WPBakery, rallentando il sito dato che raramente vengono ottimizzati.

Temi da evitare per la SEO

Cosa evitare assolutamente:

  • Temi multiuso pesanti → Template adatti a molteplici usi e simili che caricano decine di script inutili proprio per potersi adattare alle varie possibilità offerte.
  • Template con page builder obbligatori → Divi, WPBakery e alcuni Elementor-based rallentano il sito dato che non gestiscono le risorse caricate dal builder. (Fa eccezione Oxygen Builder che è un discorso a parte).
  • Temi con codice non aggiornato → Rischiano problemi di sicurezza e incompatibilità con plugin SEO.

💡 Pro Tip: prima di acquistare un tema, testalo su GTmetrix e PageSpeed Insights per vedere quanto è veloce!

Personalmente ho sviluppato un mio template, mi ha richiesto oltre un anno di lavoro ma mi ha consentito di focalizzarmi solo sulle cose importanti. Il che non esula dall’uso o meno di Visual Builder che hanno il loro senso, ma tutto dipende sempre dagli usi.


Non focalizzarti ciecamente sui punteggi PageSpeed e Core Web Vitals

I punteggi di Google PageSpeed Insights e Core Web Vitals sono strumenti utili per individuare problemi di velocità, ma non sono il fine ultimo della SEO. Molti sviluppatori cercano di raggiungere il 100/100 su PageSpeed, anche a costo di sacrificare funzionalità, esperienza utente e conversioni, senza ottenere reali benefici in termini di ranking.

E capisco il perché, sono tantissimi i clienti focalizzati esclusivamente sul “verde” nei Core Web Vitals, ma poi magari la colpa è delle pubblicità e non del template in sé.

PageSpeed Insights e Lighthouse non misurano la velocità reale del sito

PageSpeed Insights e Google Lighthouse non misurano il tempo di caricamento effettivo del sito, ma eseguono una simulazione basata su condizioni specifiche.

Cosa significa?

  • I test vengono eseguiti in condizioni simulate (ad esempio, rete 4G limitata), che non sempre rispecchiano l’esperienza degli utenti reali.
  • Il punteggio può variare da un test all’altro, anche senza modifiche al sito.
  • Alcuni problemi segnalati non influenzano realmente la UX o il ranking.
  • LightHouse è influenzato anche dalle estensioni installate

🔍 Meglio analizzare dati reali con Google Search Console
Piuttosto che ossessionarsi con i punteggi, è più utile monitorare i dati reali degli utenti (field data) tramite il report Core Web Vitals di Search Console, che mostra le metriche misurate sugli utenti effettivi. Ma attenzione: per aggiornarsi richiedono anche un mese.

Un punteggio perfetto può comunque peggiorare l’esperienza utente

Per ottenere un 100/100 su PageSpeed, molti siti adottano tecniche troppo aggressive, che possono peggiorare l’usabilità.

Errori comuni per aumentare il punteggio a discapito della UX:

  • Bloccare completamente JavaScript e CSS → Alcuni tool suggeriscono di eliminare script essenziali, rompendo funzioni come moduli, menu o animazioni.
  • Caricare tutto in lazy load → Se fatto male, può ritardare il caricamento di immagini e contenuti critici, peggiorando l’esperienza utente.
  • Rimuovere font personalizzati → PageSpeed penalizza i Google Fonts, ma sostituirli con caratteri di sistema può peggiorare il design notevolmente a fronte di nessun vantaggio.

L’obiettivo non è un punteggio alto, ma un sito veloce e usabile.

I punteggi alti non garantiscono un miglior ranking

Google ha confermato più volte che le performance sono solo uno dei tanti fattori di ranking. Un sito può avere punteggi perfetti su PageSpeed, ma se i contenuti non sono di qualità o l’intento di ricerca non è soddisfatto, non si posizionerà comunque bene.

Cosa conta davvero per la SEO?

  • Contenuti di valore e pertinenti → Google premia i siti che rispondono meglio all’intento di ricerca.
  • UX ottimizzata → Un sito veloce ma inutilizzabile non converte e non trattiene gli utenti.
  • Dati reali degli utenti → Un sito con buoni Core Web Vitals (field data) avrà un vantaggio, ma non sarà l’unico fattore determinante.

Insomma cerca il compromesso tra performance e funzionalità

Piuttosto che inseguire un 100/100 su PageSpeed, è meglio puntare a:

  • Un tempo di caricamento sotto i 2-3 secondi per i visitatori reali.
  • Un buon equilibrio tra velocità e funzionalità, senza rimuovere elementi importanti per la UX.
  • Ottimizzazioni mirate basate sui dati di Search Console, non solo su test sintetici.

Il miglior hosting per WordPress: perché scegliere i managed hosting

L’hosting è uno degli elementi più importanti per la SEO e le prestazioni di WordPress. Un server lento o mal configurato può compromettere il ranking, aumentando i tempi di caricamento e causando errori di risposta. La scelta dell’hosting non è solo una questione di prezzo, ma di ottimizzazione: ecco perché un hosting managed può costare meno di un hosting tradizionale o di soluzioni come AWS.

Hosting managed vs hosting tradizionale: cosa cambia?

Molti utenti scelgono hosting condivisi economici, credendo di risparmiare, ma senza considerare i problemi di prestazioni, sicurezza e scalabilità. Un hosting managed offre una gestione ottimizzata del server, pensata specificamente per WordPress.

CaratteristicaHosting TradizionaleHosting Managed
Configurazione manualeSì, l’utente deve ottimizzare tuttoNo, tutto è configurato manualmente
Performance ottimizzateNo, server condiviso con risorse limitateSì, server dedicati o semi-dedicati e ottimizzati per WordPress
Gestione della sicurezzaParziale o esclusivamente tramite CloudFareSicurezza di alto livello, gestione in Live e sistemi più avanzati di backup
Assistenza tecnicaGenerica, spesso lenta essendo tramite TicketSpesso è addirittura telefonica
Costo realeBasso inizialmente, ma con costi nascosti per upgrade e supporto che poi diventano praticamente obbligatoriPiù alto all’inizio, ma senza costi aggiuntivi imprevisti

Un hosting tradizionale può sembrare più economico, ma quando si aggiungono plugin di cache, CDN, ottimizzazione e gli UpSell, il costo finale può superare quello di un hosting managed.

Quanto costa un hosting managed di qualità?

Spesso si pensa che un hosting WordPress gestito sia costoso, ma la realtà è diversa: per meno di 30€ al mese si ottiene un servizio top level senza doversi preoccupare di ottimizzazioni tecniche.

Hosting da evitare:

  • Hosting condivisi ultra-economici → Server sovraccarichi e performance scarse.
  • Soluzioni generiche non ottimizzate per WordPress → Problemi di cache, aggiornamenti lenti e scarsa sicurezza.
  • Marchi che sembrano rinomati ma di fatto sono spinti solo tramite link di affiliazione, come SiteGround (con cui ho avuto pessime esperienze).

Perché AWS o Google Cloud spesso costano di più?

Chi ha esperienza con cloud provider come AWS o Google Cloud sa che i costi possono esplodere velocemente se il traffico aumenta, senza contare la necessità di configurazioni tecniche avanzate. Un hosting managed offre prestazioni ottimizzate senza sorprese, a un prezzo fisso.

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