Cosa non ti dice il commercialista sul Forfettario, 5 cose da sapere

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Molti titolari di partita IVA in regime forfettario si affidano completamente al proprio commercialista, certi che ogni aspetto sia sotto controllo.
Ma ci sono almeno vari elementi chiave che spesso non vengono spiegati adeguatamente, o peggio, vengono trascurati, portando a errori fiscali, contributi inattesi e perdite di agevolazioni.

E purtroppo parlo per esperienza. Negli anni ho imparato che, seppur sia vero che ognuno deve fare il proprio mestiere, è altresì vero che l’imprenditore deve conoscere gli elementi fondamentali della gestione delle propria attività per avere quantomeno consapevolezza dell’operato del commercialista. E purtroppo non mi riferisco alle basi essenziali, ma ad un passettino oltre queste.

In più, con l’introduzione di nuove riforme, l’obbligo di digitalizzazione e la crescente pressione normativa, è diventato essenziale sapere davvero cosa comporta il forfettario, senza dare nulla per scontato.

Che cos’è il regime forfettario, in breve

Il regime forfettario è un regime fiscale agevolato destinato alle persone fisiche che esercitano attività di impresa, arti o professioni. La condizione principale per accedervi è il rispetto del limite di 85.000 € di ricavi o compensi annui, calcolati su base di cassa.
L’imposta sostitutiva prevista è pari al 15%, ridotta al 5% per i primi 5 anni in presenza di determinati requisiti.

Non sono previsti studi di settore, ISA né IVA da versare, ma è richiesta la conservazione delle fatture elettroniche emesse e ricevute, ora obbligatorie anche per i forfettari. Tra i vantaggi più citati, la semplificazione contabile e la possibilità di versamenti contributivi ridotti, ma non sempre questi benefici si traducono in un reale risparmio fiscale.

ProContro
Aliquota sostitutiva ridotta (15% o 5%)Nessuna deduzione o detrazione fiscale
Contabilità semplificataContributi INPS calcolati sul reddito forfettario
Esenzione IVA, studi di settore, ISANessuna possibilità di scaricare costi reali
Accesso semplificatoLimite di 85.000 € di ricavi
Fatturazione elettronica obbligatoriaNessun accesso al regime in presenza di altri redditi elevati

E ora vediamo le 5 cose che spesso non vengono spiegate o vengono spiegate male dai commercialisti, nella mia esperienza.

1. La flat tax start-up al 5% non è automatica

Molti credono che aprire una partita IVA significhi accedere subito all’aliquota ridotta del 5% prevista per i primi cinque anni di attività.
In realtà, questa agevolazione è vincolata a una serie di requisiti specifici che non sempre vengono esplicitati chiaramente.

È necessario, ad esempio, non aver esercitato attività simili nei tre anni precedenti, non essere una mera prosecuzione di un’attività svolta come dipendente o collaboratore e non subentrare in attività già avviate da altri soggetti.
Senza il rispetto formale di tutti questi criteri, si applica automaticamente l’aliquota del 15%, anche se si è neoaperti.

In breve:

  • L’aliquota del 5% non è automatica
  • Serve rispettare tutti i requisiti normativi
  • Controlli retroattivi possibili in fase di verifica fiscale

2. Il limite degli 85.000 € va calcolato con attenzione

Il tetto di 85.000 € di ricavi o compensi annui è la soglia oltre la quale si perde il regime forfettario, ma molti non sanno che questo limite si basa su principi di cassa e non di competenza.
Ciò significa che contano gli incassi effettivi, non le fatture emesse!

Cosa significa “calcolo su base di cassa”?

Nel regime forfettario, il limite di 85.000 € riguarda quanto hai effettivamente incassato durante l’anno, non quanto hai fatturato.

Quindi ad esempio:

  • Se emetti una fattura a dicembre 2025 ma vieni pagato a gennaio 2026, quei soldi contano nel 2026, non nel 2025
  • Viceversa, se a gennaio 2025 hai incassato una fattura emessa a dicembre 2024, finisce nel conteggio del 2025 e può farti sforare!

Cosa include il limite di 85.000 euro?

Il commercialista a volte non chiarisce che nel conteggio:

  • Devi includere eventuali contributi INPS che hai addebitato in fattura (ad esempio 4% gestione separata)
  • Se per errore hai applicato IVA, quella somma viene comunque conteggiata nel totale dei compensi
  • Se hai più attività (ad esempio consulenza + docenza), devi sommare tutto, anche se sono codici ATECO diversi
  • Se hai prestazioni occasionali “collegate” all’attività principale, potrebbero essere incluse (caso per caso)

In breve devi sapere che:

  • Il calcolo è su base di cassa
  • Contano tutti gli incassi, anche accessori o occasionali
  • Superamento anche di pochi euro può comportare l’uscita immediata dal regime

3. Contributi INPS: quanto pesano davvero

Uno degli aspetti più sottovalutati del regime forfettario riguarda l’impatto reale dei contributi previdenziali, spesso presentati come “contenuti” o “agevolati”. In realtà, l’importo da versare può essere anche molto elevato, soprattutto per chi è iscritto alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS, che prevede contributi fissi annuali (oltre 4.000 € circa) più una quota percentuale sul reddito forfettario.

Anche chi rientra nella Gestione Separata (es. consulenti, freelance, formatori) paga il 26,07% del reddito imponibile, senza alcuna soglia minima, ma anche senza prestazioni accessorie (maternità, malattia, disoccupazione).

L’errore più frequente è pensare che il 15% sostitutivo sia tutto ciò che si deve allo Stato, dimenticando il peso concreto dei contributi previdenziali, che possono arrivare a superare anche il 30-35% del reddito netto.

In breve:

  • INPS Artigiani/Commercianti: quota fissa + percentuale sul reddito
  • Gestione Separata: 26,07% su tutto il reddito
  • Nessun tetto agevolato strutturale a lungo termine

4. Il forfettario esclude deduzioni e detrazioni, ovvero non si “scarica” nessun costo

Uno dei punti spesso meno compresi del regime forfettario è l’impossibilità di dedurre spese reali o detrarre oneri fiscali.
A differenza del regime ordinario, chi aderisce al forfettario non può scaricare nulla, né spese professionali, né familiari, né sanitarie.

L’imponibile viene calcolato applicando un coefficiente di redditività (es. 78% per professionisti, 67% per artigiani, 40% per ambulanti ecc.) sui ricavi annui, a prescindere dalle spese effettivamente sostenute. Ma che significa in soldoni?

Significa che si “scarica” una cifra forfettaria in base al tipo di attività, quindi sia che non si abbiano spese o che si spendano 10.000 € in attrezzature, corsi o software, fiscalmente non cambia nulla. Deducete e detraete una cifra forfettaria (da qui il nome).

Inoltre, il forfettario non può detrarre spese sanitarie, mutui, interessi passivi, figli a carico o ristrutturazioni. Anche se presenta il modello 730, le detrazioni non producono rimborsi, perché manca un’imposta lorda da cui scalare.

In breve:

  • Nessuna deduzione per spese aziendali o professionali
  • Nessuna detrazione per spese personali o familiari
  • Il reddito imponibile è presunto, non reale
  • Va scelto il forfettario se i costi da “scaricare” sono pari o inferiori alla quota forfettaria.

5. Digitalizzazione e adempimenti: non basta più la semplificazione

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per i forfettari, il concetto di “regime semplificato” ha perso parte della sua efficacia. A partire dal 2024, tutti i contribuenti in regime forfettario devono emettere fatture elettroniche tramite SDI, conservarle digitalmente per 10 anni e assicurarsi che i dati siano correttamente trasmessi.

In sostanza significa che, pur non avendo obblighi IVA o registri contabili, ci sono comunque adempimenti tecnici da gestire, spesso ignorati o mal spiegati.

Molti forfettari non sanno che devono conservare i documenti in modo conforme, avere un sistema di backup, e che eventuali errori formali (come omesse trasmissioni, codici errati o ritardi) possono comportare sanzioni fiscali, anche se non c’è dolo.

In breve:

  • Fattura elettronica obbligatoria anche per forfettari
  • Conservazione digitale dei documenti per 10 anni
  • Errori o omissioni possono generare sanzioni automatiche

Novità per il Regime Forfettario nel 2025/2026: cosa sta cambiando

Il regime forfettario è stato coinvolto da diverse modifiche normative tra il 2024 e il 2025, e altre sono attese nel 2026.

Ecco i principali aggiornamenti che incidono direttamente su chi ha una partita IVA agevolata:

Novità già in vigore nel 2025

  • Obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti i forfettari, senza eccezioni
  • Riduzione degli scaglioni IRPEF (non impatta direttamente i forfettari, ma incide su eventuali redditi extra)
  • IRES agevolata per utili reinvestiti (valida solo per società, non per persone fisiche)
  • Credito d’imposta Transizione 5.0, accessibile in casi specifici anche ai forfettari con beni strumentali
  • Obbligo assicurazione professionale per gli iscritti ad albi (es. commercialisti, ingegneri, architetti)
  • Nessun obbligo di polizza calamità per i forfettari individuali non iscritti al Registro delle Imprese

Novità previste per il 2026

  • Attuazione della riforma dell’ordinamento dei commercialisti (legge delega del 15 maggio 2025):
    • Ampliamento delle attività riservate
    • Nuove forme associative: società tra professionisti più strutturate
    • Revisione del sistema elettorale degli Ordini
    • Riforma di tirocinio e specializzazioni
  • Possibile impatto indiretto sui forfettari seguiti da professionisti coinvolti nella riforma, con costi di consulenza e assetti gestionali in evoluzione
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