I modelli di intelligenza artificiale stanno diventando sempre più potenti, versatili e accessibili. Possono scrivere articoli, generare codice, riassumere documenti, rispondere a domande complesse.
Eppure, quando li usiamo, ci troviamo spesso a ripetere sempre le stesse istruzioni: chi siamo, cosa vogliamo, come devono comportarsi, quale tono usare.
E se dimentichiamo qualcosa? Il risultato può essere fuorviante, incoerente o fuori contesto.
Il problema è nel prompt: oggi il modo più diffuso per istruire un modello è scrivere tutto nel prompt, cioè nel messaggio iniziale. Ma questo approccio ha dei limiti evidenti.
E più i casi d’uso si complicano, più quei limiti diventano un ostacolo.
👉 Per ottenere risultati davvero coerenti e personalizzati, serve qualcosa di più solido e riutilizzabile: serve un vero e proprio contesto strutturato, che dica al modello chi sta parlando, cosa sa, cosa deve fare e con quali strumenti.
Inizia da qui la nostra esplorazione del Model Context Protocol, il nuovo standard che promette di rivoluzionare il modo in cui comunichiamo con l’IA.
Di cosa parleremo..
Il problema dei prompt tradizionali
Cosa fa davvero un prompt
Quando parli con un modello di intelligenza artificiale, la prima cosa che fai è scrivere un prompt. E in quel prompt ci butti dentro tutto:
chi sei, cosa vuoi ottenere, che tono dovrebbe usare, magari anche cosa deve evitare.
Ma il prompt è solo testo libero, non è strutturato.
Il modello non capisce cosa è importante, cosa è solo un commento, cosa è un’istruzione da seguire alla lettera.
È come dare indicazioni a voce a qualcuno che non ti conosce affatto e sperare che le capisca tutte… al primo colpo.
👉 Il risultato? Spesso non dice quello che volevi. Oppure fa troppo, o troppo poco.
E ogni volta, devi riscrivere tutto da capo.
Quando il prompt non basta più
Il prompt funziona… finché resta semplice. Ma appena il compito diventa più complesso, crolla tutto.
Ecco cosa succede:
- Il prompt cresce, diventa lungo, difficile da leggere e modificare
- Ogni parola conta come token: più ne usi, più paghi, meno spazio hai per la risposta
- Se cambi una cosa, devi riscrivere l’intero prompt manualmente
- Non c’è memoria tra sessioni: ogni volta è come iniziare da zero
- E se usi strumenti diversi (es. ChatGPT, Claude, API custom), devi adattarlo ogni volta
Insomma, non è un sistema sostenibile.
Anche solo aggiornare una regola o un’istruzione richiede un copia-e-incolla continuo. E quando lavori in team, mantenere coerenza tra i prompt è quasi impossibile.
👉 Il prompt da solo non ce la fa più.
Serve qualcosa che dia forma e struttura a quello che vogliamo comunicare al modello.
Perché serve un contesto strutturato
Cosa intendiamo davvero per “contesto”
Spesso si pensa al contesto come a “qualche riga in più nel prompt”. Ma in realtà è tutto quello che il modello dovrebbe sapere per lavorare nel modo giusto.
Un contesto ben fatto risponde a quattro domande fondamentali:
- Chi sta parlando?
- Cosa vuole ottenere?
- Che cosa il modello deve sapere per svolgere il compito?
- Quali regole o limiti deve rispettare?
Non è solo questione di “istruzioni”. È qualcosa di più ampio: una specie di ambiente mentale in cui il modello si muove.
Un’analogia concreta: come nella vita reale
Immagina di entrare in una stanza.
Davanti a te ci sono tre persone: un cliente, un consulente e un documento sul tavolo.
- Il cliente ha una richiesta specifica
- Il consulente ha un certo ruolo e un modo di comunicare
- Il documento contiene informazioni importanti da considerare
- Tutti sanno perché sono lì e che scopo ha l’incontro
Ora togli i nomi, sostituisci le persone con “attori” virtuali, il documento con un “artifact” digitale, e l’incontro con una “workflow” ben definita. Hai appena descritto il tipo di contesto strutturato che serve anche all’intelligenza artificiale.
👉 Senza questo tipo di struttura, i modelli rischiano di comportarsi in modo incoerente, generico o inefficace.
Con un contesto chiaro, invece, collaborano meglio, capiscono prima e lavorano con più precisione.
Il futuro è standard: perché nasce l’MCP
Serve un linguaggio comune
Oggi ognuno gestisce il contesto come può:
prompt lunghi, file separati, istruzioni dentro variabili, preset salvati qua e là.
Il problema?
Ogni strumento lo fa a modo suo.
Ogni modello (OpenAI, Claude, Mistral…) ha regole e comportamenti diversi.
Ogni team deve reinventare la ruota ogni volta che cambia API, progetto o contesto.
E quando vuoi portare lo stesso flusso di lavoro su un’altra piattaforma, spesso non puoi: devi riscrivere tutto.
👉 Ecco perché nasce il bisogno di uno standard condiviso: per descrivere in modo chiaro, leggibile e portabile tutto ciò che riguarda il contesto.
Cos’è l’MCP, in due righe
Il Model Context Protocol è un formato pensato proprio per questo.
Un modo strutturato per dire al modello:
- Chi sei
- Che ruolo hai
- Cosa conosci
- Cosa devi fare
- Con quali regole, limiti e strumenti
Tutto viene descritto in modo ordinato, leggibile (per umani e macchine), riutilizzabile e soprattutto compatibile con qualsiasi modello che supporti MCP.
E per chi crea progetti AI, questo cambia tutto.
Un esempio di MCP
{
"actors": [
{
"id": "user",
"name": "Content Manager",
"type": "user",
"persona": "Responsabile editoriale di un blog aziendale, con conoscenze SEO di base"
},
{
"id": "assistant",
"name": "AI Copywriter",
"type": "assistant",
"instructions": "Scrivi testi chiari, leggibili, in uno stile naturale ma professionale. Mantieni un tono coerente con la linea editoriale e segui sempre le linee guida fornite."
}
],
"artifacts": [
{
"id": "style-guide",
"type": "text",
"content": "Usa un linguaggio accessibile, evita gergo tecnico non necessario. I titoli devono essere coinvolgenti ma veritieri. Ogni articolo deve iniziare con un paragrafo introduttivo e usare H2/H3 per la struttura."
},
{
"id": "brief",
"type": "text",
"content": "Scrivi un articolo informativo sul Model Context Protocol, destinato a un pubblico curioso ma non tecnico. Spiega cos'è, a cosa serve, e perché sta diventando importante."
}
],
"workflow": {
"goal": "Generare un articolo di blog ben strutturato",
"steps": [
"Analizza le informazioni nel brief e nella guida di stile",
"Organizza il testo con un'introduzione, heading H2/H3, e una conclusione",
"Mantieni un tono coerente con le istruzioni dell'assistant"
]
}
}
Cosa abbiamo imparato oggi
In questo primo approfondimento abbiamo messo a fuoco i limiti del modo in cui, finora, abbiamo comunicato con i modelli di intelligenza artificiale. E abbiamo capito perché serve un cambiamento.
Ecco i punti chiave da ricordare:
- 📝 Il prompt tradizionale è utile, ma non scalabile: è fragile, dispersivo e difficile da riutilizzare
- 🤯 Senza un contesto strutturato, i modelli possono comportarsi in modo incoerente o poco preciso
- 🧩 Serve un sistema che definisca chi parla, cosa sa, cosa vuole ottenere e con quali strumenti
- 🌐 L’MCP (Model Context Protocol) nasce proprio per risolvere questo problema, fornendo un formato chiaro e standardizzato
- 🔄 MCP è aperto, compatibile e pensato per lavorare bene con modelli diversi e casi d’uso complessi
👉 Nel prossimo articolo inizieremo a esplorare nel dettaglio come funziona l’MCP, voce per voce. Partiremo dalle basi: com’è fatto un file MCP, quali sono i suoi elementi e come si scrive davvero un contesto strutturato.
Cosa vedremo nei prossimi capitoli di questa serie sull’MCP
Abbiamo visto come i prompt tradizionali, per quanto utili, inizino a mostrare tutti i loro limiti quando il lavoro si fa serio. Non bastano più a gestire contesti complessi, ruoli diversi, documenti da tenere in memoria, istruzioni da rispettare nel tempo.
Serve qualcosa di più solido.
Qualcosa che strutturi davvero l’interazione tra noi e l’intelligenza artificiale.
👉 E qui entra in gioco l’MCP, il Model Context Protocol: uno standard pensato per descrivere tutto ciò che un modello deve sapere, in modo ordinato, riutilizzabile e portabile.
Nel prossimo articolo entreremo nel cuore di questo protocollo:
scopriremo come è fatto, come si legge, e quali sono i tre elementi fondamentali che lo compongono: Actors, Artifacts e Workflows.
📘 Continua a leggere per scoprire come funziona davvero il Model Context Protocol. (in stesura)